Il nome della rosa

Il nome della rosa, un giallo storico ed esoterico

Riapriamo, dopo le vacanze estive, con la postfazione de Il nome della rosa.

Non è che Umberto Eco, con 60 milioni di copie vendute nel mondo e la traduzione in oltre 45 lingue, avesse bisogno della recensione di sfumature di giallo.

È vero il contrario, ma ci sentiamo in obbligo di farlo perché, se Rosa in giallo e noir è nato, confessiamo di esserci ispirati al romanzo di Umberto Eco e al significato della rosa, partendo dalla locuzione che proferisce Bernardo di Cluny nel romanzo: Stat rosa pristina nomine nomina nuda tenemus, che sta ad indicare la caducità delle cose terrene.

Quando, per un mio compleanno, il 4 settembre del 1988, me lo regalarono, il romanzo volava già alto e le copie vendute nel mondo erano moltissime. Aveva già vinto Il Premio Strega con grande gioia della Bompiani che se ne era aggiudicata l’edizione nel 1980.

Ammetto di aver cominciato a leggerlo, ma alla metà della seconda pagina mi fermai e, casualmente, lo riaprii e lessi tutto nel 2001. Un libro di inestimabile valore e concordo con chi lo ha incluso fra i 100 libri più belli del secolo (Le Monde), inserendolo in quattordicesima posizione e poi nell’elenco dei 1000 romanzi che ognuno dovrebbe leggere nella vita (The Guardian).

Un successo indiscutibile e meritato. Per me, poi, seguirono “Il pendolo di Foucault” e Baudolino”, dei tre, sicuramente il più facile da leggere e quindi per chi volesse addentrarsi nella lettura dei romanzi di Eco, consiglieremmo di cominciare da quest’ultimo.

Un libro, “Il nome della rosa”, avvincente, appassionante, perfetto, ma anche qui ci sono alcuni errori, sviste di datazione. Persino in una cultura enciclopedica come quella del semiologo ce ne sono, pochi, ma ci sono.

Gli errori

Per esempio, datando il libro in quel periodo storico, attorno al 1327, i secondi non erano ancora usati come unità di misura del tempo, sono successivi. Un’ altra inesattezza sono i peperoni che vengono importati dalle Americhe solo dopo la scoperta di Cristoforo Colombo. Fra questi ci sono anche la citazione del violino, non ancora realizzato a quel tempo e la confusione dell’aurora con l’alba.

Lo scenario del romanzo

Il monastero benedettino della vicenda, ubicato sui monti dell’Appennino toscano, che ricorda molto la Sacra di San Michele in val Susa, ed è scandito in sette lunghissime giornate di vita monastica.

La trama

L’espediente letterario (già usato in passato da altri autori) è un manoscritto ritrovato, scritto dall’anziano monaco Adso da Melk che fa la stesura delle sue memorie di fatti di cui era stato testimone da giovane assieme al suo maestro Guglielmo da Baskerville.

È il novembre 1327, il frate francescano inglese Guglielmo da Baskerville, inquisitore pentito, e il suo allievo Adso de Melk si recano in uno sperduto monastero benedettino per partecipare ad un congresso. All’interno dell’abbazia si è verificata la strana morte di un giovane confratello, Adelmo. Frate Guglielmo viene incaricato di indagare per far luce sul tragico fatto.

Le ispirazioni

Oltre a noi, che, come abbiamo già detto, abbiamo preso ispirazione dal libro, ce ne sono altri; ad esempio, per la musica, la canzone “The Sign of the Cross” del gruppo heavy metal britannico Iron Maiden, nell’album The X Factor.

Senza dimenticare il fumetto: l’italiano Zagor con “l’Abbazia del mistero”, ma anche Topolino – che la parodia dei libri celebri l’ha fatta a tutti – non poteva certo ignorare Il nome della rosa.

Dal romanzo sono state tratte trasposizioni cinematografiche come:

  • il celeberrimo, omonimo film del 1986, diretto da Jean-Jacques Annaud, con Sean Connery, Christian Slater, F. Murray Abraham;
  • la miniserie, diretta da Giacomo Battiato, con John Turturro, Damian Hardung e Rupert Everett.

Tommaso Lo Russo

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