Come promesso nell’articolo dedicato all’autore, ecco la recensione di “Il miglio verde” uno dei più famosi romanzi di Stephen King.
Non abbiamo remore a dichiararlo un capolavoro, probabilmente il romanzo più avvincente e angosciante pubblicato dall’autore, vincendo il Premio Bram Stoker nel 1996. Un romanzo scritto a puntate come quelli di Charles Dickens e questo ha portato ad un paragone e un accostamento tra i due autori che non ci sentiamo di contestare.
Lo ha già fatto Stephen King, più per falsa modestia che per un reale convincimento. La trattazione dell’infanzia fragile nei due autori è forte e di comune sentire tra i due scrittori.
Il racconto, all’inizio, è stato pubblicato in sei volumetti a cadenza mensile, dal 28 marzo al 29 agosto 1996. Successivamente è stato raccolto in un unico volume in edizione pocket, senza modifiche, se non la correzione di una svista e l’aggiunta di una nuova introduzione, datata 6 febbraio 1997.
L’opera è stata trasposta per il cinema da Frank Darabont per l’omonimo film del 1999. La fiction è stata diretta dallo stesso Darabont ed interpretata da Tom Hanks nel ruolo di Paul Edgecombe e da Michael Clarke Duncan come John Coffey.
Un capolavoro, sia il romanzo che il film, con un Tom Hanks eccezionale e irripetibile.
La trama
Nel penitenziario di Cold Mountain, lungo lo stretto corridoio di celle noto come “Il Miglio Verde“, i detenuti, come lo psicopatico «Billy the Kid», Wharton, o il demoniaco Eduard Delacroix aspettano la morte sulla sedia elettrica, sorvegliati a vista dalle guardie.
Incredibilmente, nessuno riesce a decifrare l’enigmatico sguardo di John Coffey. Si tratta di un negro gigantesco condannato a morte per aver violentato e ucciso due bambine.
Coffey, chi è costui? È un omicida, un mostro, oppure di una persona accusata ingiustamente?
Lo scenario
Il periodo è il 1932 ed il luogo è il penitenziario Cold Mountain (che ospita la sedia elettrica chiamata “OLD Sparky” oppure “la scintillante” o, ancora, “Big Juicy“) .
Il carcere, che chiuderà nel 1933, è formato da quattro bracci, di cui uno staccato: il Blocco E, un 1/4 più piccolo degli altri, in mattoni invece che in legno. Le sue celle, tre per ogni lato di un ampio corridoio, sono il doppio più grandi delle altre.
Il miglio verde
L’ampio corridoio è tappezzato con linoleum verde da cui prende il nome il romanzo e sembra avere una lunghezza interminabile, anche se non sono nemmeno 60 metri. Tutti, prima o poi dobbiamo morire, ma sapere che la morte di aspetta dietro l’angolo è sconvolgente e per affrontarla dovresti avere una forza d’animo incredibile.
I personaggi principali
John Coffey è il gigante nero buono, un po’ ritardato accusato ingiustamente del duplice omicidio di due bambine bianche.
A stretto contatto, i secondini cominciano a dubitare che sia veramente un mostro e, in modo particolare, il loro capo, Paul Edgecombe, che è sempre più convinto di un errore giudiziario.
Coffey inoltre rivela poteri psichici, in grado di guarire le persone “assorbendo” il male dentro di sé e espellendolo in un secondo momento. Paul Edgecombe, alias Tom Hanks, è formidabilmente bravo e immerso nella parte.
Prima del romanzo, nel sequel a puntate ci sono stati:
- il 1° episodio con le due bambine scomparse;
- il 2° episodio caratterizzato dalla tana del topo;
- il terzo con: le mani di Coffey;
- il 4° episodio: la strana morte di Eduard Delacroix;
- il 5° episodio: viaggio nella notte;
- e l’ultimo, il 6° episodio: ‘ultimo viaggio di Coffey.
Commovente come nessuna altra opera di Stephen King.
“Il Miglio Verde“, è un capolavoro di stile, narrazione e struggente pathos.
Lucia Bosia