Recensioni di libri

Primo a morire: un noir psicologico deduttivo di James Patterson

L’autore di thriller più venduto nel mondo, questo è James Patterson. Una fama ben meritata di cui l’uso della lingua inglese agevola la diffusione e l’effetto traino. Recentemente, è uscito, nel supplemento al settimanale Gente, Primo a morire, traduzione a quattro mani a cura di Annamaria Biavasco e Valentina Guani di “To die”, edito, per l’Italia, da Longanesi Editore.

Una traduzione perfetta che stupisce quando si è in due a redigerla ed è la conferma di quanto le traduttrici italiane siano particolarmente professionali ed attente ad ogni dettaglio.

Un romanzo avvincente, appassionante che si legge quasi tutto d’un fiato. Un crescendo di colpi di scena e suspence che ti fanno correre all’altra pagina fino alla fine.

Niente, però, è mai scontato. Anche quelli che sembrano colpevoli, dopo lunghe ed estenuanti indagini, si scopre che non lo sono e bisogna ricominciare tutto da capo o quasi.

Primo a morire è un libro che potrebbe finire a pagina 260 e sarebbe già avvincente, ma che alla pagina successiva è come se ricominciasse, quasi l’autore ci avesse ripensato e aggiungesse altri sviluppi e altre storie appassionanti e sconvolgenti, a volte persino tenere.

Un romanzo in cui il sesso descrittovi – lasciando da parte gli omicidi – è delicato e non scabroso, ma parte essenziale di una trama fitta e ineccepibile fino all’ultima riga.

Lo scenario

Primo a morire è ambiento a San Francisco, ma anche altre località degli Usa, senza eccedere nelle descrizioni dei luoghi.

La trama del romanzo

Come avviene spesso nei noir, i delitti si sprecano.

Durante le feste di matrimoni Vip vengono uccisi giovani sposini. Il rituale è lo stesso: prima lo sposo, a brucia pelo, e poi, con brutali sevizie, la donna.

Dopo i primi due omicidi, subito si pensa ad un serial killer.

Le indagini vengono affidate all’ispettrice talentuosa e in attesa di fare carriera, Lindsay Boxer, una bella donna, divorziata da poco, che ama agire in proprio senza condividere troppo con gli altri, siano essi uomini oppure donne. Soprattutto ama stare sola e rinunciare a farsi una nuova vita per via delle delusioni precedenti.

Per un’idea improvvisa che le balena, decide di cambiare parametri e condividere le indagini e le sensazioni. Una decisione improvvisa in cui vengono arruolate altre donne, scelte in modo istintivo e di cui ne conosce solo una, da tanto tempo.

Un romanzo che è anche la storia di un club di sole donne, con profili completamente diversi, ma che si integrano perfettamente. Nel club la fondatrice invita prima una, poi una altra, fino ad arrivare alla composizione di quattro: una detective, un medico patologo, una giornalista e un procuratore distrettuale.

Donne affiatate, determinate e soprattutto amiche. Il nome, scelto dalla fondatrice, sarà il Women’s Murder Club, che alla fine ammetterà anche un affiliato maschio. Oltre a questo, ci sarà anche un socio occulto, prepotente e subdolo che farà parte del sodalizio quasi fino alla fine del romanzo.

Le indagini si avviano con fatica in quanto gli indizi sono inesistenti e le registrazioni delle telecamere delle cerimonie sono pressoché inutili.

Tuttavia, a Lindsay viene un’altra intuizione e comincia a ipotizzare uno scarno identikit e, attraverso il procedimento di succubo, riesce a definire in modo maggiormente dettagliato il profilo dell’omicida. Vale a dire si immedesima nella scena talmente bene che è come se vedesse l’assassino.

Non basta, per arrivare alle prove avrà bisogno di tutto il club che non si tirerà mai indietro. Per allentare la tensione, talvolta, il racconto diventa anche esilarante.

Buona lettura, casomai, ascoltando Tori Amos che piace a Lindsay Boxer.

Tommaso Lo Russo

Redazione Sfumaturedigiallo.it

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