La figura di Giorgio Scerbanenco e la letteratura poliziesca e noir: il premio Scerbanenco
Parlando di noir italiano il pensiero di molti va alla figura emblematica di Giorgio Scerbanenco. Così come ai tanti Premi letterari legati al romanzo giallo che gli sono stati dedicati. Fra quelli che hanno sempre pensato che non ci fosse nessuno più italiano di questo scrittore, c’è chi vi scrive.
Quanti sanno che l’autore di Venere privata si chiamava in realtà Vladimir Scerbanenko ed era nato in Russia? Scerbanenco è uno scrittore eclettico, la sua prosa spazia dalla narrativa rosa, al western, alla fantascienza, all’avventura ed è considerato uno degli scrittori italiani più versatili e prolifici. Una personalità importante della nostra letteratura, tutta da (ri)scoprire.
Nato a Kiev, da padre ucraino, ma di madre italiana, venne in Italia per gli studi. Scerbanenco all’età di sei mesi si trasferì in Italia, dapprima a Roma, poi a 16 anni a Milano al seguito della madre. Il padre, professore di latino e greco, fu ucciso durante la rivoluzione russa, mentre la madre morì pochi anni più tardi. Per motivi economici fu costretto ad abbandonare gli studi e non completò nemmeno le elementari.
Lo scrittore svolse molti lavori, dall’operaio al conducente di ambulanze, prima di approdare al mondo dell’editoria
Dopo un periodo alla Rizzoli come redattore, nel 1937 assunse l’incarico di caporedattore dei periodici Mondadori, incarico che mantenne fino al 1939. Su Grazia teneva la rubrica della “posta del cuore” con lo pseudonimo di Luciano. Per Mondadori pubblicò anche la serie di romanzi di Arthur Jelling. In questo periodo collaborò anche con importanti quotidiani: L’Ambrosiano, la Gazzetta del Popolo, il Resto del Carlino e con il Corriere della Sera. Nel settembre 1943 fuggì in Svizzera, insieme a buona parte della redazione del Corriere, dove rimase fino alla fine della guerra.
Tornato in Italia, Scerbanenco rientrò alla Rizzoli come direttore del periodico letterario femminile “Novella”, su cui curò l rubrica la “posta del cuore”. Sempre per Rizzoli fondò la rivista Bella, su cui teneva la rubrica “La posta di Valentino”. La rubrica più famosa fu quella che tenne per Annabella, intitolata “La posta di Adrian”[. Queste esperienze de la posta del cuore, in cui le lettrici raccontavano i propri casi personali e spesso difficili, lo portarono a venire a contatto con le angosce e le rabbie della gente comune. Questa esperienza di storie vissute e dolorose hanno determinato lo stile noir di Scerbanenco, particolarmente crudo e amaro.
L’essere considerato “straniero” fu il suo dolore che lo abbandonò mai e vi si soffermò diffusamente nel saggio autobiografico Io, Vladimir Scerbanenco. Morì nell’ottobre del 1969 in seguito ad un arresto cardiaco, nel momento in cui era maggiormente apprezzato.
Citiamo tra i suoi romanzi: Lupa in convento, Cinque casi per l’investigatore Jelling, Le principesse di Acapulco, Le spie non devono amare, Al mare con la ragazza e Non rimanere soli, Ladro contro assassino, Millestorie, Storie del futuro e del passato, I ragazzi del massacro, Al servizio di chi mi vuole, La ragazza dell’addio e tanti altri ancora.
Tommaso Lo Russo