Capitol Hill: la guerra delle parole. La rivolta al Congresso Usa
Il Covid colpisce ancora. Se non ci fosse stata la pandemia, non si sarebbero svolte le elezioni Usa nel modo come si sono svolte.
Brogli elettorali, conteggi errati dei voti e lo stesso modo della loro attribuzione, verosimilmente, ci sono stati.
A Capitol Hill c’è stato l’assalto al Congresso: quattro morti, 13 feriti e 52 arresti.
Con un bilancio ancora provvisorio, gli scontri nella manifestazione di protesta dei seguaci di Donald Trump non si placano.
Quando la legge di pochi vince contro la volontà di molti vuol dire che la democrazia sta molto soffrendo.
Se i diritti individuali devono prevalere contro i diritti collettivi è un dramma per la società.
Siamo convinti che la maggioranza non ha sempre ragione, ma da qui a mettere a ferro e fuoco tutto e che il diritto (presunto tale) di pochi debba prevalere sulla maggioranza è profondamente iniquo oltre che illegale e pericoloso.
Principio che vale anche su altre questioni, Tav compresa.
Si prevede che i numeri dei feriti possano aumentare.
Il capo della polizia di Washington, sottolinea che i decessi sono avvenuti per emergenze e complicazioni mediche.
I tre decessi si vanno a sommare alla donna uccisa da colpi di arma da fuoco.
La donna si chiamava Ashli Babbit, veterana dell’aeronautica titolare di un’attività a San Diego ed era andata a Washington senza il marito. La donna è stata colpita da un agente in uniforme della polizia del Campidoglio con la sua arma di servizio.
Prima della rivolta c’è stata una guerra delle parole: «Avremo un presidente illegittimo, non possiamo permetterlo». Così Donald Trump nel suo comizio davanti alle migliaia di suoi sostenitori radunati a Washington. Dopo, ma molto dopo, Trump ha cambiato versione, ma era troppo tardi, anche se non di troppo: «Elezioni rubate ma andate a casa, dobbiamo avere la pace, nessuno si faccia male».
Le parole sono macigni di pietra che colpiscono e fanno bene o male. Appunto!!!
Tommaso Lo Russo