Recensioni di libri

Cuore Nero, uno struggente romanzo di Silvia Avallone

Probabilmente ci sono romanzi che non bisognerebbe mai leggere e, nel caso lo si facesse, toccherebbe tenere in debita considerazione che avranno un forte impatto sul lettore. Non ti faranno dormire leggendoli. È il caso di “Cuore Nero” il nuovo romanzo di Silvia Avallone, piemontese di Biella che vive a Bologna e ha subito il forte fascino della Toscana e di Piombino in particolare.

Il libro l’ho scoperto per caso, perché un amico me lo ha consigliato e non è, lui, tipo facile agli elogi.

È un romanzo maturo, completo e forse un po’ malinconico, denso di spleen, ma non di noia, tutt’altro. Un libro che indaga l’anima, l’intimo e ti lascia in sospensione, come se aspettassi di capire o fare i conti con un passato con cui tutti, prima o poi, dovranno fronteggiarsi.

Un racconto di storie, persone, paesaggi e cose. Un libro scritto con amore per i suoi personaggi che ti sembra di toccare con mano e per i quali cominci a parteggiare. Una sorta di avatar che ti porta sulle pagine del romanzo, che diventa essenza viva e alla fine diviene parte di te, che non ti senti più lettore, ma uno degli interpreti del libro.

Cuore nero” di Silvia Avallone è, al tempo stesso, una storia di condanna e di salvezza che sviscera gli angoli più reconditi e oscuri dell’anima. In tutto questo percorso, l’autrice, nella trama del romanzo, instilla compassione, vita e, una luce flebile che via via appare più vivida e, alla fine, teneramente riscalda e fa rinascere la speranza.

Lo scenario del racconto.

Sassaia esiste davvero, in Piemonte, in Val Cervo. Non è un luogo di fantasia, ma è come se lo fosse. Un luogo dove chi si è perso può ritrovarsi.

La trama del romanzo.

C’è un unico modo per raggiungere Sassaia, minuscolo borgo incastonato tra le montagne. Una sola strada sterrata, ripidissima, nascosta tra gli alberi. È da lì che un giorno compare Emilia, capelli rossi e crespi, magra come uno stecco, un’adolescente di trent’anni con gli anfibi viola e il giaccone verde fluo.

Bruno che diventerà, nel racconto, la voce narrante e l’occhio fotografico, dalla casa accanto, assiste al suo arrivo come si assiste all’arrivo di un intruso. Quella donna ha l’accento strano e tante borse e valigie: perché è venuta lassù, lontana dal resto del mondo?  Di sicuro non per poco.

Quando finalmente s’incontrano, ciascuno con la propria solitudine, negli occhi di Emilia, “privi di luce, come due stelle morte”, Bruno intuisce un abisso simile al suo, ma di segno opposto.

Entrambi hanno conosciuto il male: lui perché l’ha subito, lei perché l’ha compiuto, un male di cui ha pagato il prezzo con 15 anni di carcere, ma che non si può riparare.

Sassaia, per entrambi, è il punto di fuga, unica soluzione per sottrarsi a un futuro in cui tutti e due hanno smesso di credere.

 << Ma il futuro arriva e segue leggi proprie; che tu sia colpevole o innocente, vittima o carnefice, il tempo passa e si rivela per ciò che tutti siamo: infinitamente fragili, fatalmente umani >>.

Infine, Sassaia diventa il “buen retiro”, il non luogo, occasione per ricominciare a sperare e dimenticare. Forse anche in un nuovo percorso insieme, in cui loro due non hanno niente in comune.

Un libro che presenta una sorta di parità di genere al contrario, in cui il ruolo della vittima è l’uomo e la carnefice è la donna.

Cuore nero inizia con la citazione della poesia “Novembre” di Giovanni Pascoli, il giorno dei morti che si offre come la rinascita, l’ossimoro, il riscatto e il desiderio di affrontare il rischio di vivere.

Con la conclusione che la vita va vissuta e convissuta. Mai da soli.

Tommaso Lo Russo

Redazione Sfumaturedigiallo.it

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