Recensioni di libri

Guerra e pane, un racconto breve di Margherita Oggero.

Uscito qualche anno fa, esattamente, il 4 settembre, giorno, combinazione, del mio compleanno, Guerra e pane è un libro lieve, breve.

Pubblicato da Slow Food Editore, che cura una tematica di altro genere, l’enogastronomia e quell’anno pubblicò un racconto che solo per alcuni versi parlava di cucina e qualche curiosità, come ad esempio, il nome del riso “ardito”, nato negli anni della guerra e a quell’epoca ce ne voleva di ardimento!

Un libro di guerra e di fame, con la difficoltà di reperire da mangiare, anche il pane, semplice nutrimento che arriva a mancare nei periodi più cupi.

Il refrain

Mai più guerre, eppure, mai come adesso ce ne sono in ogni angolo del mondo. Un libro di 93 pagine, tenero, pieno di disincanto, ma nonostante tutto intriso di malinconia.

La trama

Guerra e pane è il racconto dell’infanzia di Margherita e, come in una finestra, la voce narrante osserva, commenta, ricorda, ma al tempo stesso, riesce a destreggiarsi tra piatti della memoria che sono anch’essi, in parte, curiosità svelate e rivelate con garbo.

Ci sono i ritratti di famiglia: Margherita che cresce e si affaccia ad un mondo che comincia a conoscere e riconoscere. Dal nonno che sembra burbero, ma non lo è; con la ragazzina di casa

«si scioglieva come il burro in padella sulla stufa».

Per passare alla nonna, regina della casa e della cucina e una mamma, in attesa perenne del marito che finalmente torna da una guerra che gli aveva tolto i denti oltre che l’anima. Un padre che a Margherita, appena lo vede, fa paura perché non riconosce e non ha mai conosciuto.

<<Quando mio padre tornò a casa io non lo riconobbi>>.

La pubblicazione di Slow Food

Uno dei motivi, pensiamo, per cui Slow Food ha scelto di pubblicare il libro è che all’interno del piccolo volumetto c’è quasi un afrore di profumi e leccornie che si percepiscono tra le pagine. Della panada, zuppa di pane raffermo con brodo di carne, uova e parmigiano, e della panissa, una pietanza tipica, a base di riso e fagioli molto diffusa nell’alto Piemonte.

La panissa:

«primo gagliardo, vietato a vegetariani, vegani, fanatici delle diete e del computo delle calorie, che all’epoca erano molto rari…».

Fra le ricette citate ci sono anche la minestra di semolino, il pinzimonio e il riso con latte e castagne. Tutti i piatti inseriti nella parte finale sono un ricettario allegato al racconto, insieme alla storia di Grazia Novellini del “baracchino” (“schiscetta” in milanese), utensile rurale multiuso diventato, negli anni, oggetto di memoria storica.

Un fonogramma di piccoli riti e gesti che rimangono scolpiti nella memoria dell’autrice e di cui lei ci fa partecipi con la garbata ironia che la contraddistingue, come quando racconta del modo in cui l’ingegno soccorreva per rimediare qualcosa da mangiare.

<< Le ossa “guarnite”, vale a dire non completamente scarnificate, oppure degli “oss d’la miola”, cioè ossa nude ma ripiene ancora di midollo.»

Da una grande scrittrice, uno spaccato di vita familiare, un pezzo di quotidiana difficoltà del vivere.

Ricordiamo, per chi ancora non lo sapesse, che Margherita Oggero è la presidente di giuria di Rosa in Giallo e noir e testimonial di una nuova avventura di cui vi parleremo in seguito, ma della quale, nella recensione, vi abbiamo fornito un piccolo indizio.

L’illustrazione è di Alice Lotti.

Buona lettura.

Tommaso Lo Russo

Redazione Sfumaturedigiallo.it

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