Ed Edgar Allan Poe creò il genere poliziesco. Fu esattamente 178 anni fa, il 20 aprile 1841, con i romanzo giallo ” The Murders in the Rue Morgue“, pubblicato su «Graham’s Magazine». Nasceva così, negli Stati Uniti, il genere poliziesco che ha fatto tantissimi proseliti nel mondo.
” I delitti della via Morgue” (titolo in italiano) è la storia di un doppio omicidio che sembra sia impossibile da risolvere, ma non per il protagonista del racconto, l’investigatore C. Auguste Dupin che continuerà altre indagini in altri due racconti di Poe (“La lettera rubata” e “Il mistero di Marie Roget“).
Poe lo considerava il migliore dei suoi racconti di raziocinio, chiamati così perché caratterizzati da un ragionamento logico e deduttivo.
Scriveva così Poe al suo amico, il Dr. Joseph Snodgrass, riferendosi al suo racconto:
Il suo tema è l’esercizio dell’ingegno nello scoprire l’assassino.
Dupin ha ispirato un personaggio che diventò altrettanto, se non più, famoso: Sherlock Holmes di Arthur Conan Doyle. Così scrisse Doyle:
Ognuna [delle storie poliziesche di Poe] è una radice da cui si è sviluppata l’intera letteratura. Dov’era il poliziesco finché Poe non gli ha dato il soffio della vita?
E infatti con la pubblicazione del racconto “The Murders in the Rue Morgue” il genere poliziesco entra nella cultura popolare.
Concludiamo quindi questa breve introduzione a Poe, citando l’inizio del racconto che diede inizio a tutto ciò:
Incipit del racconto “The Murders in the Rue Morgue”
It is not improbable that a few farther steps in phrenological science will lead to a belief in the existence, if not to the actual discovery and location of an organ of analysis. If this power (which may be described, although not defined, as the capacity for resolving thought into its elements) be not, in fact, an essential portion of what late philosophers term ideality, then there are indeed many good reasons for supposing it a primitive faculty. That it may be a constituent of ideality is here suggested in opposition to the vulgar dictum (founded[[,]] however[[,]] upon the assumptions of grave authority), that the calculating and discriminating powers (causality and comparison) are at variance with the imaginative – that the three, in short, can hardly coexist. But, although thus opposed to received opinion, the idea will not appear ill-founded when we observe that the processes of invention or creation are strictly akin with the processes of resolution — the former being nearly, if not absolutely, the latter conversed.